Natalie Portman, Vincent Cassel, Mila Kunis, Winona Ryder, Barbara Hershey, Kristina Anapau, Benjamin Millepied, Ksenia Solo, Janet Montgomery, Sebastian Stan, Toby Hemingway, Sergio Torrado, Mark Margolis, Tina Sloan, Abe Aronofsky, Charlotte Aronofsky, Christopher Gartin

Nina è un'ambiziosa ballerina di New York, la cui esistenza è completamente assorbita dal ballo, in ciò sostenuta fortemente dalla madre Erica. Il suo sogno di diventare una stella sembra esaudirsi quando viene scelta dal direttore artistico Thomas Leroy per il ruolo principale ne "Il lago dei cigni": Nina dovrà interpretare sia l'innocente e grazioso cigno bianco, sia il sensuale ed ingannevole cigno nero.

Argomento per me tabù, quello del balletto classico, che trovo enormemente noioso, così come trovo fin troppo abusata cinematograficamente la tematica della competitività esistente tra ballerini e crew, anche se in altre sale, dal rap al free style (vedi i vari Step up). Ma qui l'argomento è trattato in modo profondamente diverso, non soltanto perché siamo nell'aulico mondo della danza classica, ma perché la forza dei personaggi e delle musiche ammalia e intorpidisce completamente lo spettatore. Senza troppi giri di parole, questo è un film grandioso, sorretto principalmente dall'intensa e straordinaria interpretazione di Natalie Portman. Un film che incolla lo spettatore sulla poltrona, trasportandolo nel mondo di Nina, nella sua psiche fragile ed ambigua, nelle sue ossessioni, nelle sue paure e nelle sue debolezze. Il ritmo veloce e il doppio binario su cui scorre il film (la Nina ragazza e la Nina cigno bianco/nero, in realtà non proprio due binari paralleli, ma due binari che si incrociano continuamente fino a fondersi totalmente, man mano che la metamorfosi di Nina si completa), grazie ad un'attenta regia, rende il film avvicente, senza punti morti, senza che venga tralasciato nulla: c'è spazio, infatti, per una profonda introspezione della protagonista, una ragazzina timida e vulnerabile, socialmente emarginata, autolesionista ed anoressica, iperprotetta da una madre troppo possessiva, oppressa dal macigno dell'ambizione, annichilita dalla sua stessa passione, ossessionata dal raggiungimento di quella perfezione che gli costerà fatica, sudore e tanto sacrificio, anche il più estremo, una perfezione che si raggiunge non immedesimandosi nel personaggio, anzi nei personaggi interpretati, ma nel diventare, nell'essere quei personaggi, in modo da annullare la distanza tra realtà e finzione. Personalmente avrei osato di più in alcune scene (la scena saffica, ad esempio), ma non per voyeurismo (anche quello, in realtà), ma per dare una ancor maggior forza espressiva ad alcune scene. Per il resto il film, proprio come la protagonista mira ad essere, mi sembra perfetto.