Nell'intervista Black spiega che il libro, come spesso capita per i film dei Marvel Studios, è servito come punto di partenza, e che quindi non ha voluto realizzare un adattamento vero e proprio, ma che piuttosto ha sviluppato qualcosa di inedito:

Nel fumetto Extremis c'è una cosa che, in pratica, fa evolvere il DNA. A volte si muore. Ma se si sopravvive, si riesce a diventare qualcosa di nuovo, di diverso. Il problema è che per provare questa cosa non scelgono un uomo pronto a diventare il super soldato - è un semplice miliziano. C'è qualcosa di molto realistico in tutto questo.

Quello che abbiamo cercato di fare è stato prendere questo concetto molto fantascientifico di supereroi e inserirlo nel contesto di persone che si offrono volontarie. Non sono veri e propri supervillain, sono persone evolute. Mi piaceva molto l'idea di un supervillain che non indossa un mantello e un costume da supereroe. Questo tizio va in giro vestito come chiunque altro.

Dal punto di vista scientifico, ancora una volta siamo tornati sui fumetti originali, l'idea di Maya Hensen, l'incontro con Tony Stark molto tempo prima in cui era stato seminato il germe di un'idea che ora però è arrivata a compiersi. Un'idea della quale lei ha molta paura, ora, perché è là fuori. Noi partiamo da tutto questo. Vi interesserà molto l'effetto che generiamo per dimostrare quello che fa Extremis a un essere umano. E' un effetto visivo molto interessante. Ma siamo rimasti volutamente lontani dalla definizione "sono nanotecnologie". Quello che abbiamo tenuto dei fumetti è l'idea che ci sia un posto, nel cervello, che sembra sia rimasto dormiente ma che esiste in tutti noi. E' come se aspettasse di essere riempito. C'è sempre stato.