In certi paesi è una lettura obbligatoria per i bambini delle elementari. All’uscita del film di Gabor Csupo c’è stata anche da noi una invasione editoriale di questo racconto. Un giorno mi trovavo in una libreria internazionale e notavo come iniziassero a riaffiorare anche vecchie edizioni in lingua originale (per inciso, quella nella foto è del 1980: cliccare sull’immagine per andare alla pagina Penguin). Il libro era piccolo, il racconto in tutto sono circa 130 pagine scritte con carattere medio. Decido di acquistarlo tanto per fare un po’ d’esercizio. Be’, come esercizio non è stato un granché, visto il largo uso di linguaggio gergale (o dialettale?), però è stata una lettura piacevole.
Insomma, il figlio della Paterson perde un’amica alla quale era molto legato e lei decide di affrontare la cosa scrivendogli un racconto. Non una favola o un’opera fantasy, come poteva fare intendere il trailer del suddetto (inutile) film. Katherine Paterson scrive una storia del tutto verosimile, ma per bambini. Da un lato, quindi, c’era la scarsa attrattiva che poteva avere una lettura per bimbi; dall’altro, la curiosità di vedere come si possa parlare ad un ragazzino (un figlio, per la precisione) di una questione per molti aspetti difficile da gestire. Ha vinto la curiosità, come al solito e per fortuna.
La scrittrice riesce a trattare argomenti delicati, “da grandi” (la morte, appunto, ma pure la religione, l’amicizia, le differenze sociali...) senza edulcorarli inutilmente, con sincerità, ma usando un linguaggio da ragazzini. E quando parlo di linguaggio non mi riferisco solo all’uso di determinate parole o modi di dire, parlo proprio di un dialogo che usa sì quelle particolari forme verbali, ma che scaturisce da un modo di pensare, di porsi di fronte alle cose tipico di una bambina o un bambino di 8-10 anni. Il tutto strutturato in maniera molto fluida, consequenziale, nonostante le tante cose che riesce a scrivere e le poche pagine in cui vengono scritte. Ecco, questo è l’aspetto che più mi ha impressionato del modo di scrivere della Paterson. Non tanti adulti hanno la capacità di tornare nel mondo di quando erano piccoli, ricordarne esattamente meccanismi e sensazioni, tanto meno, poi, per riproporli arricchiti dell’esperienza (se c’è) acquisita con gli anni. Un esempio di insegnamento bello quanto raro. Un libro "per bambini" che può tornare utile a tanti adulti. In tanti sensi.